Difendere l’impresa: prevenzione, investigazioni interne e strategie di tutela
L'Avv. Lucev e l'Avv. Manfredi hanno offerto due prospettive complementari sul ruolo delle investigazioni interne nella difesa dell’impresa.
Durante l’evento tenutosi presso gli uffici Chambre, gli interventi dell’Avv. Lucev e dell’Avv. Manfredi hanno offerto due prospettive complementari sul ruolo delle investigazioni interne nella difesa dell’impresa.
Attraverso l’analisi di casi concreti, sono stati affrontate quattro questioni problematiche ricorrenti delle investigazioni interne:
- Tempestività. Sia per il rispetto dei termini penalistici di presentazione di un’eventuale querela, sia (con aspetti ancor più complessi e problematici) per quanto riguarda il rispetto del requisito di tempestività dell’azione disciplinare in sede lavoristica, la pronta attivazione di una risposta investigativa all’emergere di indizi della possibile commissione di illeciti è cruciale.
- Assicurazione di fonti di prova solide. Centrale nella conduzione di un’investigazione interna è la consapevolezza della sua inevitabile finalizzazione ad una sede giudiziale, penale o lavoristica, nella quale ci si potrà trovare a dover dibattere degli esiti dell’investigazione stessa, spesso nel contraddittorio difensivo e quindi vedendo sottoposto ad un sistematico esercizio di confutazione il lavoro svolto. Fondamentale è, dunque, assicurare fonti di prova valide, in grado di corroborarsi a vicenda (per esempio, segnalazioni di whistleblowing, evidenze documentali e successive conferme verbali in sede di intervista) e raccolte con modalità rispettose dei requisiti di futura utilizzabilità in giudizio posti dalla disciplina processuale penale e lavoristica. Di qui, ad esempio, l’importanza del conferimento ad un avvocato penalista di un mandato di investigazione difensiva preventiva ai sensi dell’art. 391-novies c.p.p., che consentirà tra l’altro l’esercizio dei poteri di acquisizione probatoria riconosciuti al difensore in sede di indagini difensive (tra cui richieste di documentazione, accesso a luoghi ed assunzione di sommarie informazioni testimoniali i cui verbali potranno essere depositati nel procedimento penale ed utilizzati a fini probatori o di contestazioni al testimone in sede di esame dibattimentale).
- Il limite segnato dai diritti del lavoratore. Chiaramente, la solidità della raccolta probatoria passa anche attraverso l’osservanza della disciplina dettata in materia di rapporti con il lavoratore e tutela dei suoi diritti, per esempio in tema di privacy/GDPR e di limiti alla facoltà del datore di lavoro di accedere a spazi o dispositivi informatici assegnati al dipendente per lo svolgimento della prestazione lavorativa, considerata in particolare la disciplina del controllo a distanza previsto dallo Statuto dei Lavoratori (post riforma 2015).
- Finalizzazione dell’investigazione preventiva. Mentre se si investiga su reati commessi a danno dell’azienda vi è una naturale propensione al deposito di una denuncia-querela all’autorità giudiziaria, nel caso l’investigazione porti all’emersione di ipotesi di illecito commesse nell’interesse o vantaggio dell’azienda (e, dunque, con possibili profili di responsabilità dell’azienda ai sensi del d.lgs. 231/2001) diventa indispensabile valutare i concreti benefici di un’iniziativa di autodenuncia, in un paradigma processuale, come quello italiano, in cui tale opzione non è premiata salvo casi limitati con alcuna causa di non punibilità (come accade invece da tempo negli ordinamenti anglosassoni o, più recentemente, in quello francese con le Conventions Judiciaires d’Intérêt Public), ma è assistita dalle sole circostanze attenuanti che il d.lgs. 231/2001 contempla in caso di condotte collaborative e remediali da parte dell’ente. Una valutazione, questa, resa ancor più delicata dal fatto che l’attività di investigazione interna non trova alcuna tutela in termini di “legal privilege”, se non nel caso in cui essa sia svolta e materialmente gestita sotto il cappello procedurale della già citata investigazione difensiva preventiva ai sensi dell’art. 391-novies c.p.p. (dal quale deriva, infatti, anche l’applicazione delle guarentigie in termini di riservatezza ed inviolabilità dei luoghi riconosciuta dall’art. 103 c.p.p. al legale penalista incaricato).
Conclusivamente, l’esperienza pratica suggerisce alcuni spunti concreti per l’ottimizzazione della difesa dell’azienda attraverso lo strumento delle investigazioni preventive:
- agire in un’ottica di prevenzione, sia dotandosi di strumenti di compliance aziendale come modelli organizzativi ex d.lgs. 231/2001 ed annessi protocolli preventivi, sia curando che le policy aziendali in materie delicate e cruciali siano scritte ed esaustive e vengano consegnate al dipendente acquisendone prova;
- prestare massima attenzione alla disciplina interna sull’utilizzo dei dispositivi informatici da parte del dipendente: dal momento che la vita aziendale è ormai interamente immersa in un ambiente informatizzato e che informatiche sono anche le forme di custodia del patrimonio aziendale (si pensi per esempio a file, progetti o istruzioni operative relativi al know-how aziendale e dotati di significativo valore commerciale), informatiche sono anche le possibili minacce a cui questo patrimonio è sottoposto. Fondamentale dunque, in caso di sospetto di illeciti, poter contare su una pronta reazione da parte di un consulente informatico in grado di cristallizzare la situazione mediante la realizzazione di copie forensi e su una policy di utilizzo dei device aziendali chiara.
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